***
Andre'
era seduto sullo sgabello in cucina. La bottiglia di brandy in una mano.
Era triste e consapevole che era inutile bere e ridursi in quello stato,
ma che non poteva rinunciarci. Con quel suo gesto sconsiderato l'aveva
persa per sempre ed aveva compromesso anche la loro amicizia.
Quel
giorno sarebbe rientrata dalla Normandia e lui non sapeva ancora se lei
gli avrebbe quantomeno rivolto la parola. Provava vergogna per ciò
che aveva fatto, avrebbe voluto tornare indietro nel tempo e cancellare
quell'atto. In fondo pero', nel suo cuore, non era pentito, anche se sapeva
di avere esagerato. Il suo sguardo terrorizzato e impietrito…non l'avrebbe
mai dimenticato; in quel momento aveva capito che gli sarebbe bastato
pochissimo per farle del male. L'aveva dominata, la sua forza maschile
l'aveva sopraffatta….Dio! Il suo sguardo così impaurito…,gli occhi
azzurri sbarrati a fissare quel volto che non riconosceva più…no!
Giurò a se stesso che mai e poi mai avrebbe ripetuto un simile comportamento.
Un altro
sorso e poi basta…ma era così buono, era così confortante…
<<
Andre'! Andre'! Dove sei Andre'!>> La nonna lo stava chiamando e sarebbe
stato meglio che non farsi vedere con la bottiglia in mano. Si riscosse
dai suoi pensieri e ripose il brandy nello scaffale.
<<
Eccomi..arrivo…>> rispose con aria assente. La nonna era fuori, nel cortile
che parlava con una ragazza a lui sconosciuta:
<<
Ah eccoti qui Andre', vieni ti presento Colette, da oggi lavorera' al nostro
servizio>>.
La ragazza
si volto' e i loro sguardi si incrociarono.
<<
Colette, questo e' mio nipote Andre', rivolgiti pure a lui per qualsiasi
cosa. ..Andrè, Colette alloggerà nella stanza che era
di Gilbert…Andre' non restare li' impalato! Mostrale la strada! Su, coraggio
che ci sono ancora molte cose da fare..>>. Dopo che la nonna se ne fu andata,
i due rimasero soli nel cortile di casa.
<<
Bene Andre', piacere di conoscerti. Il mio nome lo sai, per favore, puoi
portarmi nel mio alloggio?>>
<<
Come? Ah certo, seguimi…>> Si avviarono verso la grande scalinata di casa
Jarjayes.
<<
Questo è il salone, di sopra ci sono le camere dei signori, noi
alloggiamo in mansarda>>
Andre'
si accorse che la ragazza lo stava fissando.
<<
Il Comandante Oscar dorme in questa stanza? >> gli chiese indicando una
porta aperta. C'era la sua giubba appesa alla schiena di una sedia, vicino
al letto; di colpo quel letto gli fece tornare alla mente l'atto insano
a cui pensava prima. Un breve fremito, un veloce brivido lungo la spina
dorsale lo rese conscio di quanto la sua indole potesse essere fragile,
e quanto poco bastasse al desiderio per prendersi il pieno comando delle
sue azioni.
<<
Andrè, ti ho chiesto se…? >> continuò lei, indicandogli l'interno
della stanza e intanto sporgendosi verso di lui.
La scollatura
del suo abito venne illuminata dalla calda luce proveniente da una finestra
alla loro sinistra.
Lei pareva
compiacersene. Ne era quasi divertita. Strano, assai enigmatico era il
suo sorriso appena accennato. Lo fissava con uno sguardo ingordo d'informazioni:
era una ragazzina non ancora abituata alla vita matura e smaniosa di apprendere
chissà quali segreti.
<<
..Si,..>> ..rispose Andrè in modo molto vago, si rese conto di essere
sciolto come le colonne di marmo al piano di sotto.
<<
Il Comandante Oscar e' molto famoso….si dice sia una donna bellissima….>>
<<
..Al momento e' fuori. >> le rispose eludendo l'osservazione della cameriera.
Colette si voltò e lo fissò con aria sorniona e un poco divertita.
<< La governante me lo ha riferito..ha detto che dovrebbe rientrare
oggi..>> sorrise in modo alquanto beffardo.
Le aprì
la porta della sua stanza.
<<
Ecco, tu starai qui, la nonna ti ha già spiegato tutto? >>
<<
Si. >> rispose lei evasivamente, guardandosi intorno con aria quasi annoiata.
Si mise
a camminare in tondo per la camera come una bambina viziata e capricciosa.
<<
..Bene, allora ci vediamo… >> Andre' aveva fretta di andarsene, quella
ragazza lo metteva in imbarazzo e non ne capiva il motivo.
<<
Andre'! >>
Voltandosi,
vide che Colette lo osservava con aria molto divertita. Gli disse:
<<
Andre', dove alloggi tu? Sai, per qualsiasi evenienza…>>
Deglutì
di nuovo.
<<
..Qui a fianco - disse con aria imbarazzata - ..qui a fianco, l'altra porta.
>>
Lei gli
fece un gran sorriso. << ..Ah-a, capito. ..Grazie, Andrè.
>>
Lui fece
un goffissimo cenno d'assenso col capo. Parve più che avesse ricevuto
una mazzata alla nuca. Lei lo notò e il sorriso le si allargò
ulteriormente.
Andrè
si allontanò, senza voltarsi. Quella ragazza aveva un certo magnetismo
e, cosa che lo metteva più a disagio, era consapevole della sua
avvenenza. "Potrebbe far strada, se volesse…"- pensò lui, malignamente.
***
<<
Oscar, tesoro!>> Era a casa. Tutto sarebbe tornato alla normalità,
così almeno sperava.
<<
Buongiorno madre >>
<<
Oscar, spero ti sia riposata; va' in camera tua, chiamo subito una cameriera
che ti aiuti.>>
Quando
entrò nel salone sentì il profumo di casa, della sua governante
che cucinava e del legno dei mobili. Salì in camera sua e trovò
tutto in perfetto ordine, osservò il letto e le tornò alla
mente la sera di qualche settimana prima. Il letto era in ordine, le coperte
erano pulite e sembrava che niente fosse successo. Si sedette sul letto
e osservò la sua camicia da notte pulita, ordinatamente distesa
su di esso.
<<
Bentornato, Comandate Oscar. >>
Alzò
lo sguardo e vide una ragazza che non conosceva.
Stava
per chiederle informazioni quando lei la precedetta.
<<
Mi chiamo Colette, Comandante, sono nuova.>>
<<
..Ah, certo, benvenuta Colette. >> Osservando la ragazza si rese conto
che aveva uno sguardo altezzoso e non abbassava la testa al suo cospetto,
come erano solite fare le altre domestiche. Era strana, quantomeno particolare.
Quanti anni aveva? Venti? Era giovane ma non adolescente. Aveva i capelli
neri come il carbone e una carnagione bianchissima, non era eccessivamente
alta, ma aveva un bel corpo. Oscar si alzò e le andò incontro.
<< Colette.. - le disse - ..che bel nome, da dove vieni? >> Oscar
la sovrastava di un bel po'.
<<
Dalla Bretagna, Comandante, i miei vivono li >>
Fece
un cenno d'assenso col capo. << ..Ah, dalla Bretagna…e cosa fai a
Parigi? >>
<<
Non c'è molto lavoro dalle mie parti, quindi mia madre ha scritto
a Madame Grandier; Madame Grandier è nostra parente. >> La nonna
di Andrè era una lontana zia di Colette.
Oscar
la osservò meglio, aveva gli occhi neri e non accennava ad abbassare
lo sguardo. << Bene Colette, allora benvenuta a Parigi >>
La ragazza
la scrutò e Oscar si sentì maledettamente studiata.
<<
Comandante Oscar, sapete, voi siete conosciuto anche nel mio paese. La
vostra fama è arrivata anche da noi e io sono molto felice di potervi…servire.
>> abozzò un inchino. Oscar, per un motivo che non capiva, si sentiva
a disagio con quella ragazza, era come se avesse qualcosa, un potere strano,
capace di intrappolare gli sguardi della gente nei suoi profondi occhi
neri. Occhi neri come il carbone. Come la pece.
***
Andre'
stava scaricando la carrozza. Udì i suoi passi avvicinarsi e si
voltò.
<<
Ciao, bentornata Oscar. >>
<<
Ciao Andre', è andato tutto bene qui? >> I loro rapporti erano tornati
quelli soliti, o almeno così pareva. Sembrava che entrambi avessero
cancellato l'accaduto.
<<
Si, nessuna novità a parte la nuova ragazza… >>
<<
..l'ho conosciuta; è un bel tipo, la trovo molto….>>
<<
"Affascinante"? >> azzardò lui inarcando un sopracciglio, e si stupì
della propria affermazione.
Oscar
lo guardò di sbieco. << ..Non direi affascinante quanto enigmatica;
mi ha detto di essere una lontana parente di tua nonna. >>
<<
Si, la nonna me l'ha detto, è stata alloggiata nella stanza di Gilbert.
>>
<<
Andre', oggi pomeriggio ho udienza dalla Regina, mi darà il nuovo
incarico, puoi ritenerti esonerato. >> quella frase gli arrivò
dritta al cuore come una stilettata, un lampo d'acciaio. Il giovane ricordò
che i loro discorsi avrebbero ripreso la piega di quelli della sera di
quasi un mese prima, per cui evitò di proseguire.
Annuì
col capo. << ..Va bene Oscar, farò come mi chiedi. >>
Oscar,
nel profondo del suo cuore, si meravigliò un poco della sua pronta
risposta, e sentì che le provocava un po’ di fastidio. Con aria
un tantino stizzita replicò. << Non hai null'altro da riferirmi,
Andrè? Non hai nulla da biasimarmi questa volta? >>
Egli
sollevò lo sguardo e la fissò negli occhi. << E perché
dovrei, Oscar, hai detto chiaramente che non gradisci più la mia
presenza al tuo fianco, io sto solo obbedendo ai tuoi ordini. >>
<<
Bene, allora è deciso. >> e così dicendo si allontanò.
Andre'
la osservò finché non si fu allontanata e si rimise al lavoro.
<<
Non è facile andare d'accordo con lei, vero Andrè? >> Lui
trasalì, nessuno di loro due si erano accorti che Colette li stava
ascoltando, e chissà da quanto.
<<
Da quanto tempo sei lì? >> le chiese, visibilmente infastidito.
<<
..Beh, abbastanza da aver capito che tu ti sei preso una cotta per lei.
>> si strinse nelle spalle intrecciando le dita dietro la schiena. Quel
fare da "finta bambina" lo mandava in bestia, soprattutto contando il fatto
che s'erano scambiati sì e no tre o quattro frasi da quando li avevano
presentati.
<<
Non sono affari tuoi e comunque non impicciarti degli affari che non ti
riguardano! >> tuonò lui, visibilmente adirato. Colette era tranquilla,
aveva uno sguardo alquanto beffardo. Troppo.
<<
Non posso darti torto Andrè, il "nostro" comandante è una
persona molto affascinante, ti confesso che piace molto non solo a te…>>
confessò candidamente la ragazza, osservando da lontano Oscar che
si allenava con la spada; Andrè era esterrefatto.
<<
Ma cosa stai dicendo?! Ti proibisco di parlare così di Oscar!>>
le sibilò lui, prendendola per un braccio e voltandola verso di
se'.
Lei si
lasciò strattonare sotto il peso di quella forte presa e poi gli
sorrise.
Quegli
occhi…
<<
E perché? Sei il suo angelo custode? Forse lei non è grande
abbastanza per pensare a se' stessa?>> il volto di lei era ad un passo
dal suo e, per un attimo, lui sentì il profumo del suo corpo.
Si accorse che quella ragazza si stava prendendo gioco di lui, il suo sguardo
era sornione, consapevole del suo fascino e del potere che aveva sugli
uomini. Andrè rimase per un attimo inebriato del suo odore.
Colette
schiuse le labbra.
<<
..Andrè, ne vale la pena? >> gli sussurrò, e riprese <<
..ne vale la pena di soffrire così per una donna incapace d'amare?
>>
A quelle
parole si riprese, l'allontanò da sé, come se d'improvviso
scottasse. Colette era divertita, quasi fin troppo.
<<
..pensaci Andrè, pensaci… >> e con queste parole si allontanò.
***
Oscar
era furiosa. Gli aveva permesso di intromettersi nella sua vita. Parlare
con lui era ormai diventato impossibile, ogni volta si sentiva giudicata
e questo le era intollerabile.
Ma "come",
si chiedeva, "come" poteva far finta di niente, mentre gli si diceva "sei
libero", "puoi andare, non ho più bisogno di te", e rimanere così
freddamente impassibile? Proprio non lo capiva.
Possibile,
si chiedeva ancora, che si fosse già dimenticato tutto?
Allora
per lui quel gesto non aveva avuto il significato che invece era parso
a lei. Supposizioni, dubbi…le pareva d'impazzire.
Pensava
a quella notte, ed ecco che ora, come già dal giorno dopo il fatto,
le si arrossavano le gote. "Dio, che strazio essere una donna", pensava,
"e non potersene fregare di tutte queste cose come fa un uomo…vero." Già,
un uomo…VERO, non lei.
Si chiuse
in camera e si guardò allo specchio e quasi non si riconosceva più.
Donna, uomo? "Dio solo lo saprà cosa sono io, in fondo", si diceva.
Fissava il proprio sguardo a lungo, insistentemente, in quello specchio
della sua camera. Nell'armadio alla sua sinistra alcuni abiti "da donna"
erano lì ad aspettarla da anni, troppo tempo. Sempre e solo uniformi.
Belle, forti, carismatiche…ma pur sempre uniformi. "..E' veramente questo
ciò che vuoi, Oscar?", si chiese.
Non seppe
darsi risposta.
***
Notte.
La quiete
delle prime ore notturne si può dire "totale", quando si vive in
aperta campagna, poco fuori Parigi, vicino a Versailles, immersi in quel
gran regno verde che è la Francia del '700.
Pochi
rumori, ben distinti, distinguibili ai più; ora un grillo, ora il
vento fra le foglie degli alberi tutti attorno alla villa Jarjayes.
Passi.
…Passi
lungo un corridoio. Il pavimento in legno scricchiolava un poco, di tanto
in tanto. I passi erano lievi. Passo di una donna.
Nella
sua stanza, Oscar si stava svestendo per poi coricarsi.
La camicia
posta sulla sedia al fianco del letto, i pantaloni anch'essi, era molto
meticolosa in quei gesti. Ogni sera gli stessi, ogni volta uguali, mai
modificati.
Era,
ora, completamente svestita, stanca, e si stava massaggiando collo e spalle
con molta lentezza, quasi svogliatamente. Movimenti lenti, dolci. I suoi
bei capelli biondi, lunghi, le cadevano sulle spalle, sulla schiena, inondandola
di calda luce dorata. Una sola lampada era ancora accesa, nella stanza.
La candela al suo interno era l'unica ospite invitata ad assisterla in
quella funzione rilassante.
..O almeno
così credeva.
Di colpo
due mani lunghe, gentili, ben curate, la cinsero sulle spalle, proprio
dov'ella si stava massaggiando. Oscar trasalì e fece per urlare…ma
non ne ebbe il tempo. Il movimento di quelle mani era apiente.
Doveva
girarsi, divincolarsi, colpire il suo aggressore e infine liberarsi il
più in fretta possibile.
Ma non
lo fece e rimase impietrita.
Stava
lì, ferma, statuaria, il corpo rigido lievemente inarcato in avanti,
ogni muscolo in piena tensione; sentì a quel punto un corpo, il
corpo proprietario di quelle mani che già aveva addosso che le si
avvicinava da dietro, lento. Si avvicinò sempre più, sempre
più. Poi, un rumore. Rumore di vesti. Vesti che cadevano a terra,
che si afflosciavano su sé stesse. Anche l'altro corpo, ora, era
nudo. Oscar lo sapeva, lo percepiva, era come se "vedesse" cosa avvenisse
dietro di lei.
Di colpo
un'altra sensazione. Doppia, turgida, che si andava a comprimere contro
la sua schiena lunga e chiara. Oscar ansimò per un attimo. Il suo
corpo era un tremito.
Le mani
intanto avevano preso a scorrerle lungo i fianchi, a risalire, a porsi
in avanti chiudendo a coppa ciò che mai un capitano della Guardia
Reale avrebbe da mostrare, più o meno vestito che sia.
Si sentiva
toccata, palpata, studiata. Quelle mani stavano andando in avanscoperta
fin dove lei stessa raramente aveva posto la propria attenzione, come se
la sua vita le implicasse di vietarsi un po’ d'amore.
Oscar
tirò indietro il capo, sospirando. La sua folta chioma andò
a coprire il viso della sua attentatrice notturna. Questa, le parlò,
infine.
<<
..Vi piace il mio massaggio, comandante Oscar? >>
Lei si
morse il labbro inferiore, sempre senza aprire gli occhi. << ..Lo
sapevo che eri tu, Colette. >>
<<
..per servirvi, comandante. La vostra Colette è qui per servirvi.
>>
<<
..hai..hai un bel modo di farmelo capire, Colette… >>
<<
..Le piace, mio comandante? >>
<<
…>>. Non vi fu risposta.
Colette
si mosse felina portandosi di fronte a lei, abbracciandola.
Il sentire
i suoi seni contro i propri la fecero trasalire ancor più.
La luce
non era molta, in quella stanza, ma bastava per vederle gli occhi, quegli
occhi diabolici che la fissavano, la bramavano e cercavano di possederla.
Oscar
le prese il volto fra le mani; la sua intenzione era quella di schiaffeggiarla
e buttarla fuori dalla sua camera, ma qualcosa prese ad accaderle, nel
proprio intimo; pensieri, frasi, disperazioni…intanto che questi tormenti
l'assillavano la cameriera era riuscita a farla stendere sul letto, e le
si stava accovacciando sopra da perfetta gatta qual' era.
Oscar
piegò la testa da un lato. Stava per possederla, si disse. Era pronta.
Era…
Aprì
gli occhi.
Lo sguardo
le andò dritto alla sedia posta al fianco del letto. Vide la camicia.
..Possedere…
La camicia
era come quella che…
..Andrè…
Il letto…lo
stesso letto che poche settimane prima…
..Possedere…
- si
guardò intorno - La stessa stanza di allora…La stessa luce…
..Andrè…
La voleva
possedere…La giovane Colette s'era impadronita della sua anima ed ora la
stava per possedere…
..Possedere…
..Andrè…
..Possedere…
..Andrè…
..la
camicia…
..Andrè…
<<
..NOO!!!! >>
La scaraventò
giù dal letto con un sol balzo; la giovane carambolò per
terra in un tonfo sordo, gemendo come un cane calciato.
Oscar
era rimasta sul letto; pareva crocifissa, ora. Le braccia aperte, le belle
e lunghe gambe unite, fissava il soffitto come in attesa di un segnale.
Quel letto che era stato, e continuava, ad essere la sua croce la stava
adesso sostenendo in quell'ennesimo momento cruciale della sua maturazione
di donna nascosta. Che le stava sempre più stretta.
<<
..vattene. >>
<<
..capitano Oscar, i-io.. >>
<<
..ho detto: Vattene. >>
<<
..s-sì, capitano…come volete… >> sgusciò via nell'ombra.
Non si udì la porta chiudersi, come non la si era sentita aprirsi,
d'altronde. Era un animale notturno, una bestia, una prostituta…i suoi
pensieri vagavano alla rinfusa da epiteti più o meno coloriti a
veri e propri mea culpa per ciò che sarebbe potuto accadere di lì
a poco, se i suoi pensieri non fossero corsi ad…
..Andrè…
Piegò il capo di lato, e cominciò a piangere…
<<
..Andrè… >>
***
Notte.
Toc toc.
Andrè
si svegliò ma non del tutto; dormiva già da un paio d'ore,
e aveva avuto una giornata assai pesante; fu normale che alcuni istanti
passassero prima che connettesse del tutto.
La porta
della sua camera fu però aperta "prima" che i suoi sensi si
fossero risvegliati del tutto.
Una figura
seminuda gli si andò a rannichiare contro, stampandosi sul suo petto.
La stanza
era buia, non vi erano fonti di luce alcuna.
<<
..Mmh…- fece per stiracchiarsi -…Oscar? >> ..credeva fosse lei.
La figura
gli mise un dito sulle labbra, per farlo tacere. Con l'altra mano prese
ad accarezzargli il petto, scendendo verso il bacino.
Andrè
rimase immobile.
Ora era
sveglio.
La figura
continuava a giocare con le sue labbra; quel dito che pochi secondi prima
gli aveva fatto intendere di tacere e limitarsi ad assistere e basta ,
ora aveva cambiato funzione; gli tormentava le labbra, il solco sotto al
naso, gli stuzzicava l'arcata del mento, e poi tornava a rifugiarsi nelle
sue labbra, chiedendogli d'essere morso.
Egli
obbediva.
Non capiva
assolutamente niente ciò che gli stava accadendo, o meglio, il motivo
per cui tutto ciò accadeva; anni di speranze, anni di sogni, anni
di delusioni…ed ora…ed ora pareva risolversi tutto in questo preludio di
un incontro che, sapeva, gli avrebbe segnato per sempre l'esistenza.
Per un
attimo credette di avere l'indice di Oscar fra i propri incisivi, ma si
rese conto che ciò non sarebbe mai stati possibile. Ma non gli importava:
il gioco era andato ben troppo oltre.
Decise
d'improvviso di prendere le redini della situazione.
Afferrò
per le spalle la figura che gli si parava davanti e la rovesciò
sul suo letto.
Lei taceva,
lo lasciava fare. Pareva un domatore di un circo che assiste la belva che
recita la parte insegnatale. "Così, da bravo…", sembrava dirgli.
Ma lui non poteva vederla.
La mangiò
di baci. Baci caldi, appassionati, seguiti a poco a poco da sospiri, gemiti,
quasi rantolii man mano che l'atto procedeva.
Lei si
dava a lui senza remore, disponibile fin troppo.
Le mani
di lui che la brandivano, la segnavano, i graffi che lei gli procurava
sulla schiena possente, i capelli sudati attaccati alla fronte, le gocce
di sudore che imperlavano le loro giovani pelli…peccato che non era Oscar,
Andrè…era veramente un peccato. Forse tutta la loro storia avrebbe
potuto prendere un diverso corso se invece che una cameriera ninfomane
si fosse trattato della sua Oscar. Ma la passione, la foga del momento,
il richiamo animale erano tali, e spinti a tal punto che lui ne era
completamente succube, e schiavo.
L'atto
ebbe il suo culmine, e la notte si riprese tutto il resto. Come è
giusto che sia.
***
Oscar
era rimasta paralizzata sul letto. Aveva smesso di piangere ma i suoi pensieri
vagavano a destra e a sinistra, proprio come il suo sguardo. Non voleva
ricordare che per un attimo aveva gradito i gesti della cameriera e che
per un attimo il suo corpo aveva tremato sotto le sapienti mani della ragazza.
Come era stato possibile? Che razza di comportamento aveva mai potuto avere?
Non voleva pensarci. Latte, del latte caldo che le riscaldasse il corpo
ancora nudo e ora freddo.
Si riscosse
e, ancora tremante, si mise addosso qualcosa. Il contatto con la ruvida
stoffa della vestaglia contro la sua pelle nuda la fece trasalire. I suoi
sensi erano ancora inebetiti.
Uscì
dalla stanza e si accorse che stava in piedi a malapena e che la testa
le girava. Avrebbe preso provvedimenti? Certo! L'avrebbe cacciata. O forse
avrebbe atteso qualche giorno…
Non si
rese conto che, invece che scendere al piano di sotto, si stava avviando
in mansarda, verso le stanza del personale. Stava andando da Andrè.
Come quando erano piccoli, quando entrambi pensavano realmente che Oscar
fosse un maschio e che , da perfetti monelli, eludevano la sorveglianza
della governante e si nascondevano nella stanza di Andrè. Li' giocavano
tutta la notte, fingendo che le coperte fossero una tenda e che loro erano
soldati impegnati nella campagna d'Austria.
Oscar
non aveva dimenticato quegli anni così felici. Era arrivata davanti
la porta di Andrè, esitava a bussare. Cosa avrebbe pensato
di lei? Non era importante. Aveva bisogno di stare con lui. Non volle bussare,
quindi provo' ad aprire la porta.
Buio.
Piano piano però la flebile luce della luna illuminò
fiocamente ciò che si trovava all'interno.
Il tavolo,
la sedia, l'armadio e…lo sguardo di Oscar si posò sul letto, o meglio,
su cosa si trovava sul letto. Due corpi, non uno. Due copri avvinghiati
che placidamente dormivano. Uno dei due era semiscoperto. Oscar deglutì
e una morsa di nausea allo stomaco le impedì qualsiasi movimento.
La testa le girava, i suoi sensi erano già provati dalla precedente
esperienza e ora anche questa…
Non si
rese conto che, nella penombra, due occhi gelidi la fissavano. Colette
era appoggiata al petto di Andrè il quale dormiva profondamente.
Nudo, sudato e ansimante. Era chiaro, era lampante cosa era appena successo
tra di loro. Gli occhi della ragazza raggiunsero quelli di Oscar e la fissarono,
sbeffeggiandola. "Guarda," sembravano dire "guarda il tuo caro Andrè!
Ora mia appartiene. Tu non hai voluto, mi hai rifiutato, ma lui no!" Oscar
sentì un nodo allo stomaco e improvvisamente il vomito. Chiuse piano
la porta e si diresse barcollando verso la cucina.
***
Mattina
Andrè
si svegliò colpito dai raggi del sole che filtravano dalla finestra.
Si vestì,
si rassettò un poco ed uscì dalla sua stanza.
Arrivò
nelle cucine della villa trovandovi la nonna che lo salutò col solito
bacio sulla fronte; per lei era sempre il suo piccolo Andrè.
Stava
per mettere qualcosa sotto i denti quando seppe dalla governante he la
loro parente, Colette, era stata "passata" ad un'altra famiglia nobile
lì vicino, su richiesta di madamigella Oscar in persona.
<<
..perché? Ha fatto dei danni? >> le chiese, addentando una fetta
di pane.
La donna
si strinse nelle spalle, indicandogli il cortile esterno.
<<
Perché non glielo vai a chiedere tu? >> gli disse.
Lui si
strinse nelle spalle a sua volta; non che gli dispiacesse del tutto che
se ne fosse andata, certo, non s'era instaurato un gran rapporto di base
fra i due, anche grazie al "particolare" caratterino di lei. Però
proprio non ne capiva il motivo, di quell'allontanamento così improvviso.
Doveva
saperne di più.
Si alzò
da sedere e si diresse all'esterno della costruzione. Qui vi trovò
Oscar intenta a pulire alcune pistole. Non gli rivolse la parola.
<<
..Ciao, Oscar. ..Buon giorno. >> il suo "buon giorno" era più allusivo
che mai; peccato che Oscar non recepì un bel niente a tal proposito.
<<
..ciao, Andrè. >>
<<
..dormito bene? >>
<<
..da schifo, grazie. >>
<<
… >> ..capì che qualcosa non andava. Come comportarsi, a questo
punto? Provò a continuare.
<<
..ho saputo che.. >>
<<
..L'ho fatta trasferire dai Volanges. >> lo liquidò lei. E.. <<
..vedrai, si troverà bene. >>
Oscar
puntò una mela posta ad una certa distanza da loro, poggiata su
una palizzata.
<<
..è tutto a posto, Oscar? >> le chiese lui, serio.
Oscar
sparò.
Un'istante…e
la mela andò in mille pezzi.
<<
..Non potrebbe andare meglio, Andrè. Preparati, andiamo a Versailles.
>>
Entrambi
decisero di tacito accordo di non parlare mai più di Colette. Una
ragazza con due occhi diabolici che, per un momento, era divenuta padrona
dei loro sensi.
Alex, Marco e Midori
Ringrazio
x questa fanfic: Barbara "Midori" per aver partorito con me l'idea e mio
marito per avermi aiutato a realizzare le scene più piccanti.